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05/07/2009

La crisi economica del sistema occidentale. Un approccio geopolitico

Tiberio Graziani

Relativamente all’attuale crisi sono state approntate diverse analisi, quasi tutte da un punto di vista economico . In questo contesto molti studi sono stati prodotti con il fine di analizzare l’impatto della crisi sull’economia globale e sul sistema industriale mondiale. I risultati di questi studi contribuiscono a trovare soluzioni per il superamento della crisi, senza perdita di potere da parte del sistema occidentale guidato dagli Stati Uniti. Poiché adesso sembra che un nuovo sistema multipolare stia emergendo, dopo il momento unipolare a guida statunitense, è necessario pensare alle relazioni fra le diverse posizioni geopolitiche degli attori mondiali e la crisi. Prendere in considerazione le diverse strategie geopolitiche dei principali attori globali (USA, UE, Russia, Cina, India) le loro differenti identità culturali e le loro ambizioni, può aiutarci a definire migliori approcci per ricostruire (o costruire) una stabilità sociale e per trovare nuove forme di cooperazione internazionale durante la crisi.

CRISI GLOBALE O CRISI DEL SISTEMA OCCIDENTALE?

Generalmente ci riferiamo all’attuale terremoto finanziario (ma anche economico ed industriale) come alla ‘crisi globale’; che è un’espressione veritiera solo in parte ed in alcuni contesti. Ma, se la analizziamo da un punto di vista geopolitico, vediamo che il disastro finanziario è, prima di tutto, una crisi interna al ‘sistema occidentale’, che sta causando conseguenze in altre aree geopolitiche.
Per esprimere meglio questo concetto, vale la pena descrivere, brevemente, cosa intendiamo per ‘sistema occidentale’ e ‘sistema globale’ ed analizzare il ruolo del cosiddetto processo di globalizzazione nel quadro geopolitico.
Definizioni

1 – Sistema Occidentale (SO). Da un punto di vista geopolitico, possiamo sostenere che il SO è costituito di base da Stati Uniti, Europa (UE) e Giappone (più Canada, Australia e Nuova Zelanda). Il ruolo centrale di questa larga area geopolitica è svolto dagli Stati Uniti e dal loro storico partner speciale: la Gran Bretagna. L’Europa ed il Giappone (rispettivamente la parte occidentale e orientale del Continente Eurasiatico) sono la periferia di questa zona, con un’importante funzione geostrategica rispetto continente Eurasiatico. Infatti, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e nello scenario della dottrina geopolitica statunitense, le nazioni dell’UE e il Giappone costituiscono due simmetriche teste di ponte statunitensi, con la funzione peculiare di controllare la Russia e la Cina, i due polmoni dell’Eurasia. In realtà, per ragioni storiche, geografiche e culturali, la posizione geopolitica naturale dell’Europa dovrebbe essere Eurasiatica, non Atlantica.
Il controllo del continente eurasiatico, che porterebbe all’egemonia statunitense nell’emisfero nord del paese, ha condizionato sia la politica estera di Washington che il sistema dell’industria militare Americana, in particolare negli ultimi anni.
Secondo Henry Kissinger, gli Stati Uniti sono un’isola al di fuori dell’Eurasia. Il già consigliere Nazionale per la Sicurezza e Segretario di Stato sotto la presidenza di Richard Nixon, riconosce che un’unica Grande Potenza che egemonizzi le due principali sfere eurasiatiche, Europa ed Asia, sarebbe un danno strategico per gli Stati Uniti. Questo genere di pericolo, chiarisce Kissinger, deve essere evitato, anche nel caso in cui la supposta Grande Potenza non mostrasse intenzioni aggressive, perché, se queste intenzioni divenissero aggressive nel futuro, Washington non potrebbe determinare gli eventi, perché l’effettiva capacità di resistenza degli Stati Uniti sarebbe diminuita. (Henry Kissinger, L’arte della diplomazia, Sperling & Kupfer Editori, Milano 2006, pp. 634-635).
2 – Sistema Globale (SG). Nell’attuale struttura geopolitica questa espressione (che trae il suo nome dal lessico della comunicazione informatica) intende la programmatica volontà dell’Occidente di egemonizzare il pianeta, principalmente su basi finanziarie, economiche e tecnologiche. Il Sistema Globale deve essere considerato come un progetto; un obiettivo da raggiungere attraverso gli strumenti e i processi della competività economica e finanziaria. L’architrave della strategia volta alla creazione della Società Globale è l’interdipendenza economica fra gli stati a scala mondiale.
Il tentativo di creare un Sistema Globale – a livello finanziario – riflette la ‘politica’ dei grandi gruppi finanziari.
3 – Globalizzazione. Concordiamo con la definizione data dall’economista francese Jacques Sapir ‘ La cosiddetta globalizzazione è in relatà la combinazione di due processi. Il primo è l’estensione mondiale del capitalismo – nella sua forma industriale – verso aree che non aveva ancora toccato. Il secondo, che è in larga parte l’implementazione della politica statunitense, corrisponde a una politica volontaria di apertura commerciale e finanziaria” (Jacques Sapir, Le nouveau XXI siécle, Paris, 2008, p. 63-64). In altre parole, il ruolo del processo di globalizzazione è stato quello di una strategia statunitense per l’egemonia del mondo durante il suo ‘momento unipolare’

La Crisi occidentale e il nuovo sistema multipolare
Tutti noi sappiamo come la cosiddetta crisi finanziaria è, in realtà, un raggrupparsi di diverse crisi che, partendo dagli Stati Uniti, si stanno ora diffondendo in tutto il pianeta, coinvolgendo le economie nazionali e, quindi, colpendo la relativa stabilità sociale. Adottando una prospettiva geopolitica, possiamo osservare che la crisi, partendo dal centro geopolitico del sistema occidentale, ha prima cominciato a propagarsi all’interno della sua periferia, principalmente nelle nazioni dell’UE e del Giappone, e in una seconda fase si è irradiata verso l’emisfero orientale del globo. La velocità e l’intensità della diffusione della crisi è condizionata dalle differenze strutturali delle nazioni colpite.

In linea di massima possiamo vedere che la crisi globale (occidentale) è avvenuta:
- Durante un cambiamento geopolitico (da un sistema unipolare ad un sistema multipolare, che sembra avere le sue colonne portanti in Eurasia e Sud America, rispettivamente nell’emisfero nord orientale e in quello sud-occidentale del globo);
- In uno specifico momento economico, in cui nuovi attori internazionali stanno emergendo in Asia (Cina ed India), economicamente, finanziariamente e industrialmente;
- Durante la riaffermazione della Russia come potenza globale e, soprattutto, come potenza pivotale eurasiatica.

In una situazione del genere, la crisi potrebbe non solo accelerare la transizione da un sistema unipolare ad uno multipolare, ma potrebbe anche consolidarla. Infatti, le nazioni Europee, finalmente, dovrebbero capire che i loro interessi fondamentali e specifici (forniture di energia, sicurezza, sviluppo culturale) hanno una dimensione continentale e sono strettamente connessi con quelli russi ed asiatici.
All’interno di un contesto eurasiatico integrato, l’Europa troverebbe il suo naturale collocamento geopolitico, cooperando con queste nazioni su basi paritarie. La ‘penisola’ europea costituirebbe una sorta di area perno tra l’Asia e l’Africa e svolgerebbe il ruolo di porto eurasiatico sull’Oceano Atlantico.
Il consolidamento del sistema multipolare richiede un cambiamento di ruolo da parte degli stati europei, da quello passivo e periferico di oggi a quello attivo all’interno della potenzialmente emergente integrazione eurasiatica. Il cambio dell’assetto geopolitico dell’Europa è una condizione essenziale al fine di superare l’attuale crisi e costruire una stabilità sociale, coerentemente alla sua cultura, fondata su principi anti individualistici.
Analoghi segnali sembrano apparire in Giappone. Tokyo è sempre più interessata nelle crescenti relazioni politiche ed economiche con Pechino e Nuova Delhi, e, soprattutto, nel raggiungere un ruolo attivo nella collaborazione con queste due nazioni asiatiche, nella parte orientale del continente Eurasiatico.


‘COME SUPERARE LA CRISI’: TENSIONI ALL’INTERNO DEL MONDO OCCIDENTALE

Riferendosi alle soluzioni deputate alla soluzioni della crisi, osserviamo come all’interno dell’area Occidentale siano scaturite alcune importanti tensioni. La crisi, in altre parole, sembra svelare le profonde differenze fra Europa e Stati Uniti, relativamente ai rispettivi comportamenti in materia economica e di welfare.
Parigi e Berlino – pur essendo guidate da governi atlantisti (Sarkozy e la Merkel sono, infatti, l’espressione della nuova oligarchia neo-atlantista) – devono prendere in considerazione il fatto che, strutturalmente, le cosiddette dinamiche neoliberiste delle economie europee ( a parte che per la Gran Bretagna) sono basate sulla contraddizione tra comportamenti neoliberisti e pratiche ispirate da principi di solidarietà.
Comportamenti e pratiche caratterizzate da un’attitudine di solidarietà sono, oggigiorno, ancora presenti nell’Europa Continentale e Mediterranea, nonostante le periodiche e potenti ondate di ultraliberismo degli ultimi due decenni e, soprattutto, i ricorrenti richiami (più spesso vere minacce o diktat, più che semplici richiami) presentati da alcune organizzazioni economiche internazionali (fra loro: la Banca Mondiale, Il Fondo Monetario Internazionale, L’Organizzazione Mondiale per il Commercio e alcune agenzie private di rating.)
L’attitudine solidaristica delle nazioni europee si articola in diverse istituzioni sociali; fra queste possiamo menzionare (anche se parzialmente privatizzate negli ultimi anni) quelle strutture volte al sostegno di pensionati e disoccupati (sicurezza sociale), a fornire servizi sociali (per esempio, l’assistenza medica) a sostenere aziende di interesse strategico e, in particolare, il sistema delle piccole e medie imprese che costituisce –per alcuni aspetti – il tessuto dell’intera Unione Europea.
Se prendiamo in considerazione quanto descritto nelle ultime righe, riusciamo a capire meglio la discrepanza che c’è stata –fra i rappresentanti di Stati Uniti ed Unione Europea – nella cornice degli incontri multilaterali dedicati alla crisi ‘globale’.
Comunque, anche se le marcate differenze (più regole richieste dalle nazioni dell’Unione Europea; più ‘libero mercato’ richiesto dagli Stati Uniti) non hanno generato una ‘vera’ soluzione della crisi, (almeno finora) e anche se, in aggiunta, non hanno provocato una divisione fra gli Stati Uniti e le nazioni europee, queste differenze hanno di sicuro posto un grande problema all’interno della ‘casa occidentale’.
Il sistema occidentale, amministrato dall’oligarchia atlantista, deve affrontare il fatto che le sue ‘periferie’ (le nazioni europee ed il Giappone) non sono più così affidabili come lo erano nel passato, nonostante i tanti trattati economici e militari, la profonda interdipendenza economica e la presenza delle truppe militari (NATO) largamente diffuse in Europa e nel Mar Mediterraneo. L’Europa, in particolare, potrebbe sfuggire dal controllo statunitense, se la strategia economica nord americana provasse a caricare i propri debiti sulle spalle dei cittadini europei.
Il tornare ad un’economia ‘controllata’ dallo Stato e le cosiddette misure protezioniste adottate dagli Stati Uniti e da alcuni stati europei, lungi dall’essere vere soluzioni politiche, sembrano più temporanee vie d’uscita egoistiche e opportunistiche, adottate dalle oligarchie occidentali. In altri termini questo tipo di escamotages, basato sul coinvolgimento dello Stato nel campo economico e nel campo finanziario, ha il chiaro obiettivo di utilizzare lo stato per pagare i debiti provocati dall’irresponsabile speculazione di alcune lobby finanziarie. Non c’è né una vision politica, né una visione solidaristica dell’economia, ma, piuttosto, lo sfruttamento neoliberista dei guadagni e dei risparmi nazionali. La finanza statunitense ha bisogno della neo economia di stato, semplicemente per tirare un respiro in un momento particolare della sua storia.
Gli obiettivi designati a pagare la crisi, sono le periferie del sistema occidentale; cioè, Europa e Giappone. Queste due aree geo-economiche sono caratterizzate, per ragioni storiche, da una cultura familiare del risparmio ancora diffusa, che invece manca completamente negli Stati Uniti. Più o meno il loro sistema economico, anche se orientato al ‘libero mercato’ e basato su comportamenti ‘neo-liberisti’, mantiene ancora qualche carattere che possiamo definire di economia sociale. Per ragioni diverse ma analoghe, le due periferie del sistema occidentale dovrebbero affrontare la crisi meglio degli Stati Uniti.

I PROTAGONISTI EMERGENTI

I nuovi protagonisti globali (Russia, Cina e India) dovrebbero affrontare la crisi con meno danni rispetto a agli Stati Uniti e all’Europa.
Russia e Cina dovrebbero reagire abbastanza bene alla scossa innescata dalla speculazione finanziaria, principalmente a causa delle loro strutture politiche e della fermezza dei rispettivi poteri politici centrali. Fino a un certo punto, ci possiamo aspettare che l’ondata di shock della crisi finanziaria si possa infrangere contro il muro eurasiatico, costituito principalmente da Cina e Russia. Questo è possibile se Mosca e Pechino cominciano, nell’immediato futuro a condividere le proprie politiche economiche e monetarie.
Per quanto riguarda l’India pensiamo che Nuova Delhi, al fine di superare la crisi senza danni profondi, dovrebbe bilanciare la debolezza del suo sistema politico rafforzando le relazioni economiche con Mosca a Pechino all’interno dello scenario di una comune visione eurasiatica. L’integrazione geopolitica dell’Eurasia potrebbe essere il miglior modo per ridurre le conseguenze della crisi e, ovviamente, per contribuire a consolidare l’emergente sistema multipolare.
Fra i nuovi protagonisti emergenti devono essere inclusi, ovviamente, anche Brasile, Argentina e Venezuela. Come noto durante gli ultimi anni queste nazioni, situate nel subcontinente sudamericano, quello che una volta veniva chiamato ‘il cortile di casa statunitense’, ha rafforzato le relazioni strategiche con le principali nazioni eurasiatiche, Cina, Russia e alcune nazioni del medio oriente (tra cui l’Iran) per partecipare attivamente al cambiamento geopolitico mondiale, dal sistema unipolare a quello multipolare. In questo nuovo contesto di importanti relazioni fra nazioni detentrici di risorse energetiche e materie prime importanti a livello mondiale, il Brasile, il Venezuela e, per alcuni aspetti, l’Argentina, dovrebbero resistere alle conseguenze causate dalla crisi ‘globale’.

EUROPA

In merito alla costruzione della sicurezza e della stabilità sociale in Europa, crediamo che i governi europei debbano, prima di tutto, riconsiderare la loro struttura geopolitica, che significa acquisire piena sovranità in tutti i campi: politico, economico, militare e culturale. In generale, gli Europei dovrebbero capire che i propri interessi sono ‘interessi Eurasiatici’, non interessi statunitensi o ‘occidentali’. Per gli europei (non per le oligarchie che attualmente governano il continente) non c’è libertà economica senza sovranità continentale.
Considerando gli elementi pratici, indichiamo solo due aspetti principali su cui i governi europei dovrebbero porre la loro attenzione:
a) ristrutturazione del sistema bancario e
b) costruzione di una nuova economia mista.

Il sistema bancario, è oggi, come tutti noi sappiamo, un’istituzione “privata”, orientata all’ottenere profitto. Esso non prende in considerazione lo scenario sociale quando agisce e le conseguenze che potrebbe provocare.Il sistema bancario è ‘non responsabile’: ciò non può più essere tollerato. Per ricostruire la stabilità sociale ed economica, infatti, il sistema bancario dovrebbe divenire una istituzione ‘sociale’, con l’obiettivo di provvedere un servizio all’intera società.
La creazione di una ‘nuova economia mista integrata’ Europea è qualcosa di veramente importante e profondamente connessa con la ristrutturazione del sistema bancario Europeo.
E’ possibile cominciando col finanziamento pubblico di infrastrutture strategiche su scala continentale nei settori dell’energia e della comunicazione, in un contesto di cooperazione con la Russia, l’Africa del Nord e le nazioni del vicino Oriente.

Altri importanti punti da considerare con riguardo sono:
-Lo sviluppo integrato dell’industria militare europea;
-Lo sviluppo integrato della ricerca europea in materia di alte tecnologie;
-L’implementazione di strumenti utili per la crescita della giustizia sociale e la solidarietà a livello continentale, con il rispetto delle tradizioni locali;
- La creazione di un’organizzazione colettiva per la sicurezza a livello continentale (Europa –Russia) e a livello Mediterraneo (Europa –Nord Africa);
- Il rafforzamento delle relazioni culturali all’interno del Vecchio Continente (Europa-Asia –Africa)sulle basi della ‘Unità spirituale eurasiatica’.

CONCLUSIONI

La prospettiva geopolitica, per la quale la cosiddetta crisi globale è principalmente una crisi interna del sistema occidentale, ci conduce a considerare come innaturale l’assetto dell’Europa all’interno dell’area geopolitica statunitense. Quindi, la soluzione della crisi deve essere rintracciata fuori dalle pratiche ‘liberaliste’ imposte dagli Stati Uniti in quanto vincitori della Seconda Guerra Mondiale e ‘adottate’ dagli Europei negli ultimi 60 anni, in contraddizione con le loro attitudini basate sul solidarismo.
Il riposizionamento dell’Europa all’interno del contesto Eurasiatico è da considerare come il prerequisito per costruire la sicurezza sociale e la stabilità economica seguendo il seguente principio: non c’è sviluppo sociale ed economico senza sovranità.
Le principali strutture europee che devono essere riconsiderate e ricreate sono il sistema bancario e il sistema economico. Il passaggio del sistema bancario da privato a pubblico è fortemente richiesto. Il riorientamento del sistema economico liberale verso un sistema economico europeo misto è qui proposto.
Eurasia - 02.07.09

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